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  • Immagine del redattoreLaura Beltrame

SENTIMENTO D'INFERIORITA'-SUPERIORITA' E SENTIMENTO COMUNITARIO 1° PARTE

Sul piano fenomenologico, il sentimento d'inferiorità è la componente della Personalità più facile a riconoscersi in un individuo e che, comunque, si manifesta con la massima chiarezza quando un soggetto deve superare una difficoltà. Nei riguardi di questo sentimento è da tenere presente che:


a) Il sentimento d'inferiorità che è particolarmente accentuato nei fanciulli deformi, rifiutati, viziati, non è generato soltanto da condizioni obiettive, che possono giustificarlo, ma secondo un fondamentale assunto della Psicologia Individuale, dall'opinione che l'essere umano si forma di se stesso e del modo in cui vive soggettivamente la sua esperienza con gli altri: "un soggetto può <<sentirsi>> poco intelligente, non apprezzato, non amato, emarginato, fisicamente disarmonico, brutto, senza che nessuna di queste sue <<impressioni>> e credenze corrispondano alla realtà.


b) Il sentimento d'inferiorità va distinto dal complesso di inferiorità. Sebbene praticamente questa distinzione non venga fatta sempre da tutti nello stesso modo, il termine <<complesso>> va riservato a quei casi in cui l'intensità del sentimento d'inferiorità è tale da impedire, ostacolare, inibire, alterare il comportamento dell'individuo. Il sentimento di inferiorità, dunque, è una condizione della natura umana: esso esiste perchè l'uomo nasce debole. Il complesso di inferiorità è, viceversa, una situazione anomala che nasce dallo scoraggiamento dell'essere umano. Esso corrisponde alla situazione in cui si trova il fanciullo che ha perduto la fiducia in se stesso e che non ha più energia per tentare di affermarsi.


c) Le condizioni che portano alla trasformazione del sentimento di inferiorità in complesso sono molteplici. Una di queste è, purtroppo, dovuta ancora oggi a comportamenti errati di genitori e insegnanti. Ecco alcuni esempi di stimolazioni verbali patogene cui un fanciullo può andare incontro a casa e a scuola: I, umiliazioni continue espresse da frasi come queste: <<non capisci niente>>, <<non riuscirai mai nella vita>>, <<è inutile che studi tanto non ce la farai>>, <<perchè sei scemo>>, <<sei il peggiore della classe>>; II, i confronti con modelli determinati realizzati da altri che feriscono più di un rimprovero: <<guarda tuo fratello più piccolo (o più grande)>>, <<guarda tuo cugino>>, <<guarda il tuo compagno, non sarai mai come lui>>; III, critiche ironiche tendenti a ridicolizzare, deridere azioni che il fanciullo ha compiuto ritenendole magari positive: <<non vedi come sei goffo>>, <<piccolo come sei non puoi fare queste cose>>, <<io mi vergognerei se mi fossi comportato così>>. 



(Liberamente tratto da "La psicologia individuale nella scuola, Alfred Adler)


- continua




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